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Ronnie Lott: l’enforcer che vinse quattro anelli


Lott fu il degno rappresentate della dinastia 49ers del grande Bill Walsh. Il suo numero è stato ritirato e detiene ancora svariati record. Più di giocare senza una falange del mignolo, cosa gli si poteva chiedere?


Il quarterback della difesa: intelligenza, versatilità e placcaggi che fanno male

 


Lo scopo della difesa 49ers di quei mitici anni '80 era tornare la palla a Joe Montana, chi meglio di Lott incarnava questo spirito.
Lo scopo della difesa 49ers di quei mitici anni '80 era tornare la palla a Joe Montana, chi meglio di Lott incarnava questo spirito.

Quando si parla di defensive back la conversazione si ferma, per molti, al nome di Ronnie Lott. Non era solo un giocatore: era l’ancora emotiva e fisica di una delle più grandi dinastie della storia NFL, quella dei San Francisco 49ers degli anni ’80. Lott era una fusione letale di intelligenza tattica, atletismo d’élite e ferocia pura. La sua carriera non è solo misurata in statistiche, ma in quattro anelli Super Bowl e in un’etica di gioco che ha definito il concetto di tenacia.

 

Versatilità senza precedenti: tre ruoli, dieci Pro Bowl

 

Ronnie Lott fu selezionato come 8ª scelta assoluta nel Draft NFL del 1981 dai 49ers. Fin da subito, dimostrò una versatilità quasi unica per l’epoca.

Iniziò come cornerback e da rookie fu subito devastante: contribuì immediatamente al primo Super Bowl vinto dai Niners, stabilendo un record NFL di tre intercetti ritornati per touchdown in una stagione (un record che detiene ancora, in coabitazione).

Curiosità: nel corso dei suoi quattordici anni in NFL, Lott è stato convocato al Pro Bowl in tre diverse posizioni, da cornerback, strong safety e free safety. Questa camaleontica capacità di eccellere in ogni ruolo della secondary lo rende un talento irripetibile. Il leggendario coach dei Cowboys, Tom Landry, una volta disse di lui: “È un middle linebacker che gioca safety. È devastante”.

 

Il cuore della dinastia vincente

 



Il suo palma res supera i mille tackle personali e i sessanta intercetti.
Il suo palma res supera i mille tackle personali e i sessanta intercetti.

Lott non solo giocò nella dinastia dei 49ers, ma ne fu l’acceleratore difensivo. La sua presenza forniva all’attacco di Joe Montana e Bill Walsh la fiducia necessaria, sapendo che la difesa avrebbe fatto il suo dovere con la massima violenza e precisione.

Nei suoi dieci anni a San Francisco, Lott ha contribuito alla vittoria di quattro Super Bowl (XVI, XIX, XXIII e XXIV).

I suoi numeri totali in carriera (con 49ers, Raiders e Jets) sono da capogiro: 63 intercetti (tra i top dieci all time), oltre 1.100 placcaggi e ben dieci convocazioni al Pro Bowl. Inoltre, detiene ancora il record NFL per il maggior numero di intercetti nei playoff, ben nove.

 

Il sacrificio che entrò nella leggenda

 

Nessun racconto su Ronnie Lott è completo senza la storia del suo dito mignolo. Infatti durante la stagione 1985, in un placcaggio sul running back dei Dallas Cowboys, Wendell Tyler, Lott si frantumò la punta del mignolo della mano sinistra. I medici gli diedero due opzioni: un intervento chirurgico complesso, per ricostruire l’osso e i tendini che gli avrebbe fatto saltare l’inizio della stagione successiva, o l’amputazione di una piccola parte del dito.

Ronnie Lott, fedele alla sua filosofia di non voler saltare neanche una partita, scelse senza esitazione l’amputazione. “Non mi interessava l’estetica”, spiegò. Voleva solo tornare in campo il prima possibile. Quel gesto estremo cementò la sua reputazione come l’incarnazione della tenacia e del sacrificio per la squadra.

 

Un’eredità che punta sul carattere

 


Oggi il  premio al college Lott Impact è associato al suo nome. Per atleti che fan la differenza dentro e fuori dal campo.
Oggi il premio al college Lott Impact è associato al suo nome. Per atleti che fan la differenza dentro e fuori dal campo.

Ronnie Lott fu introdotto nella Pro Football Hall of Fame nel 2000. La sua influenza va oltre il campo. Oggi, il suo nome è associato al Lott IMPACT Trophy, un premio annuale del college football che onora il miglior difensore che eccelle in: Integrità, maturità, performance, accademici, comunità e tenacia (acronimo sintetizzato nel nome del premio, appunto Impact).

Ronnie Lott ha alzato l’asticella per tutti i defensive back, dimostrando che la vera grandezza deriva da una combinazione di atletismo, intelligenza e soprattutto da un’incrollabile volontà di colpire più forte e di vincere a ogni costo. Il suo numero 42 è stato ritirato dai 49ers, un eterno monumento alla sua leggenda.

 

Luca Salera

 
 
 

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